Il metodismo


Il metodismo nasce in Inghilterra nel XVIII secolo, sotto l’impulso di John Wesley, come un movimento di “risveglio” – quindi di ripensamento e rinnovamento – all’interno della Chiesa anglicana. Il nome suggerisce la metodicità con cui i suoi seguaci si dedicavano all’osservanza religiosa e al forte impegno nel sociale. La separazione del metodismo dalla Chiesa anglicana avviene solo quattro anni dopo la morte di Wesley, nel 1795.

La fisionomia dell’Inghilterra di metà Settecento sta cambiando sotto la spinta della prima rivoluzione industriale, preceduta da quella agricola. Atmosfera di contrasti, grandi trasformazioni politiche e culturali, disuguaglianze sociali, aumento della povertà e una chiesa (anglicana) statica nella sua grandezza.

John Wesley serve la causa del suo tempo. Teologo come il fratello Charles, risponde al bisogno di rinnovamento religioso posizionando due linee direttive fondamentali: l’ascolto del messaggio biblico (e lo sforzo di viverlo) e l’affermazione della pietà cristiana guidata dallo Spirito come valore primario.

Nelle prime “associazioni devote” per vivere la fede, fondate dal fratello Charles, si impone come guida spirituale; dopo alcune determinanti esperienze (il Grande Risveglio americano con cui entra in contatto durante l’anno passato in Georgia, l’eredità del Pietismo e l’incontro con i Fratelli Moravi), dà vita a una rete di persone non strutturata ma diffusa, in cui la fede – e il conseguente agire – vengono vissuti con una nuova sensibilità.

La predicazione itinerante di Wesley nelle periferie degradate e nelle campagne è affiancata da un costante impegno per la giustizia sociale e da una serie di opere che rispondono alle necessità dei più poveri, dei più umili cui fornisce cibo, vestiario, cure mediche, denaro, assistenza morale e spirituale, istruzione.

Il metodismo sottolinea con forza l’idea che la fede non è un insieme di proposizioni dottrinali o dogmi, la cui accettazione solo intellettuale non è sufficiente a fare di una persona un credente; essa è innanzitutto un modo di vivere il rapporto con Dio e con il prossimo. Da questo punto di vista una teologia intesa come speculazione teorica distinta dalla pratica di fede non trova molto spazio nel metodismo.

La fede si basa invece in primo luogo sull’esperienza di Dio. Quest’ultima non va confusa con un’esperienza mistica, ma è la profonda certezza che siamo conosciuti e considerate da Dio, che siamo in relazione con lui. Questa “conoscenza sperimentale di Dio” si trasforma nel gioioso annuncio della salvezza donata gratuitamente, al quale chi crede risponde con la riconoscenza che porta al cambiamento di vita. Collaboratori di Dio, portatrici del messaggio di salvezza agli altri, protagonisti di un impegno dagli sviluppi innovativi per il credente e per la società: sono questi i frutti di tale cambiamento. E la chiesa è dunque il luogo dove si ricercano tali frutti, dove ci si sostiene e ci si esorta reciprocamente sulla strada del discepolato.