Festa del Quartiere dei Simound

Partecipare, schierarsi, ricordare, commuoversi…sono alcune delle parole che potrebbero venire in mente a chi era presente al tradizionale pomeriggio comunitario nella scuoletta del quartiere dei Simound di domenica 21 settembre.

Il Coretto valdese, ospite per il secondo anno, ha coinvolto il pubblico nel ricordo della resistenza in Val Pellice attraverso canti e testimonianze di alcuni eventi tragici custoditi nelle famiglie di diversi/e componenti del coro.

La ricorrenza degli 80 anni della Liberazione, che segna per l’Italia la fine del nazifascismo e il ritorno di una nazione libera e democratica, e la catastrofica situazione genocidaria nella Striscia di Gaza e del conflitto tra Russia e Ucraina ci ricordano come la memoria collettiva necessiti di essere costantemente coltivata, che le libertà e i diritti di cui godiamo non possono essere dati per scontati e che non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte agli atroci eventi che ci circondano.

Viviamo in tempi bui, ma l’essere comunità, rimanere uniti, agire e schierarsi apertamente insieme – come ha ricordato Michel Charbonnier – ci rendono più forti.

Il pomeriggio è poi proseguito con una merenda e con la consueta estrazione a premi della lotteria.

Il ricavato della vendita dei biglietti e delle offerte è stato di oltre 800 €, che saranno destinati alle numerose necessità della nostra Chiesa.

 

Un caloroso ringraziamento va a tutte le persone che hanno collaborato nei più svariati modi per l’organizzazione del pomeriggio, alla Foresteria valdese di Torre Pellice per il prestito delle sedie, e al Coretto per aver proposto un repertorio emozionante e colmo di riflessioni.

“Apericulto” occasione per incontrarsi e socializzare

Il neologismo “apericena”, impostosi alle nostre orecchie nello scorso decennio, ha suscitato e ancora provoca in molti un senso di irritazione.

Non più un aperitivo che prelude alla cena vera e propria, ma un modo per contrarre in una sgradevole crasi, bevande, meglio se un prosecchino, finger food e chiacchiere superficiali.

Come dire che, nelle nostre giornate compresse, non c’è più spazio per allestire piatti che richiedono un’adeguata preparazione, così come non c’è più tempo per discorsi approfonditi, per uno confronto costruttivo di opinioni diverse.

Probabilmente, anche l’introduzione dell’ “apericulto” avrà suscitato perplessità e qualche alzata di sopracciglio.

Consumare insieme i pasti nelle nostre comunità ha solide e antiche radici: le “àgapi” comunitarie, il porta e condividi in occasioni di studi biblici o incontri di formazione, ma questi includono sempre, oltre al cibo preparato con cura, un tema da dibattere e approfondire.

La buona notizia, in questo caso, è che nulla di tutto ciò è stato abolito; i pranzi comunitari continuano ad essere organizzati e molto frequentati.

L’apericulto è dunque un’occasione in più che ci è data, non per togliere, anzi, per dilatare il tempo del culto così importante per noi, per commentare il sermone, per parlare finalmente a qualcuno che vediamo spesso ma non sappiamo chi sia, per organizzare qualche dettaglio delle attività della settimana a venire.

L’altro aspetto positivo di questi incontri è che vengono organizzati a turno dai vari gruppi, a rotazione e non sempre dalle solite sorelle a cui è stato affibbiato il ruolo dell’affaccendata Marta.

L’apericulto di inizio marzo è stato allestito insieme dalla logistica e commissione stabili.

Tutti uomini, tranne una. Ci hanno deliziato con una notevole varietà di cibi preparati con originalità e gusto e offerto bevande meno scontate, come il succo di mela artigianale e lo storico vermuth.

Chi ha osservato i nostri fratelli, mescere e offrire leccornie, ha così potuto dare un volto a chi dedica davvero molto del suo tempo ad occuparsi di una miriade di piccole cose che troppo spesso passano inosservate perché si dà per scontato che tutto funzioni, così come a confrontarsi per ottimizzare i consumi energetici o a rendere più funzionali ed accoglienti i nostri luoghi di incontro.

L’apericulto è dunque anche questo: mettersi al servizio degli altri e riconoscere, reciprocamente, i molteplici doni che ci sono stati elargiti.