Conferenza “La guerra dei cento anni” sulla storia del conflitto israelo-palestinese

Nell’ambito della settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele, iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese e fatta propria dal Sinodo 2024, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare mercoledì 18 settembre a una conferenza dal titolo “La guerra dei cento anni”, storia del conflitto fra Israele e Palestina, tenutasi nel tempio a Torre Pellice con relatore Paolo Naso, docente di Scienza politica all’Università Sapienza di Roma.

Il racconto che ci è dato d’ascoltare, arricchito da diapositive eloquenti e soprattutto da cartine geografiche di Israele nel tempo, parte dal lontano 1917 con il crollo dell’Impero Ottomano (turco) e con la spartizione delle terre fra Inglesi e Francesi. La regione palestinese diventa un protettorato inglese. Nel frattempo l’Inghilterra è favorevole affinché in quei territori si formino nuclei di popolazione ebraica (kibbutz) per lo più proveniente dai più disparati continenti, Europa o America, sulla scia del movimento sionista, attivo dalla fine dell’800 e tendente a garantire uno Stato per gli ebrei.

Con la fine della seconda guerra mondiale, culminata con la Shoà, il movimento sionista reclama una terra sicura incrementando la colonizzazione della Palestina. Nel 1947 l’Assemblea dell’ONU approva una risoluzione secondo la quale il territorio della Palestina sarebbe stato ripartito quasi equamente fra ebrei e palestinesi creando due unità distinte. Vale ora la pena di dare alcuni numeri per capire di quale territorio si stia parlando: Israele misura dal nord al sud 470 Km e, nel suo punto più ampio, da est a ovest 135 Km per una superficie complessiva equivalente alla nostra regione Toscana. Attualmente la popolazione è di circa 10 milioni di ebrei e 2 milioni di palestinesi.
La risoluzione ONU, prima citata, è accettata dagli ebrei ma rifiutata dal popolo palestinese e dagli stati arabi amici. Se anche la compagine araba avesse accettato la risoluzione forse avremmo avuto un’altra evoluzione dei fatti, ma purtroppo la Storia non si fa con i se. Ed è così che l’anno successivo (1948) il movimento sionista proclama lo stato di Israele scatenando una guerra degli stati arabi confinanti (Egitto, Giordania, Siria) che viene disastrosamente persa da questi ultimi dando a Israele un maggior controllo del territorio con la scacciata di circa 700 mila palestinesi costretti a trasferirsi in campi profughi (ancora oggi esistenti) nei paesi confinanti. Nel 1967 abbiamo la guerra dei sei giorni, vinta da Israele in seguito a una seria minaccia dei paesi arabi, la quale permette agli israeliani di giungere a Gerusalemme, fino ad allora riconosciuta fuori dalla spartizione, e di occupare anche la Cisgiordania e Gaza. Negli anni successivi si alternano momenti di tranquillità ad altri di grande tensione come la guerra dello Yom Kippur, nel 1973, gli accordi di Camp David nel 1978 e lo scoppio della prima intifada nel 1986. Nel 1993 sembra di essere molto vicini a una buona pace con l’accordo di Oslo fra Rabin, primo ministro israeliano, e Arafat, a capo dell’OLP palestinese, con il quale vengono riconosciuti i diritti dei palestinesi su Cisgiordania e Gaza ma non viene risolto il problema degli insediamenti israeliani in Cisgiordania (attualmente si parla di oltre 600 mila israeliani in più di 150 insediamenti). Due anni dopo Rabin viene assassinato da un integralista ebreo, a dimostrazione di quanto sia difficile seminare la pace e di quanto dobbiamo diffidare dagli integralismi. La storia degli anni successivi è caratterizzata dalla sconfitta dell’OLP di Arafat a favore della fazione integralista di Hamas in Gaza e di Fatah in Cisgiordania. Nel 2005 Israele si ritira totalmente da Gaza ma continua a potenziare le colonie in Cisgiordania. Hamas continua una guerra latente contro Israele lanciando missili dalla striscia di Gaza. In Israele si costituisce un governo di ultradestra con Netanyahu, che non crea certamente distensione con la controparte, fino a giungere al 7 ottobre del 2023 con l’incursione di Hamas nel territorio israeliano, al confine di Gaza, e relativa carneficina di oltre mille israeliani e il sequestro di centinaia di prigionieri con conseguente guerra israeliana nei confronti della striscia di Gaza (si dice 40.000 morti) e ora anche contro Hezbollah del sud del Libano. A conclusione del racconto della storia di Israele, si è riflettuto su alcuni possibili scenari possibili per il futuro.

1) Una pace che preveda uno stato unico in cui vengano riconosciuti a tutti gli stessi diritti.

2) Due stati, uno palestinese e uno israeliano, reciprocamente riconosciuti.

3) Una situazione di status quo con presente un conflitto a bassa intensità.

4) Un proseguire della guerra in atto con conseguenze poco prevedibili ma certamente con un allargamento del conflitto a tutta l’area ad altissimo rischio.

Gli interrogativi rimangono aperti. La serata si è conclusa con la proposta di una colletta che vada ad alimentare il finanziamento alle organizzazioni presenti sul territorio che stanno predisponendo e attuando progetti di riconciliazione fra le diverse fazioni partendo dal basso, nella consapevolezza che soltanto alimentando una cultura di accoglienza, rispetto e convivenza si possa garantire un futuro contro l’odio e gli integralismi.

“La registrazione audio e i materiali distribuiti durante l’incontro sono disponibili su richiesta a pastore@torrepellice.chiesavaldese.org

Giorno 7: per la ricostruzione di Gaza, bisogni sfide e percorso futuro

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 7: per la ricostruzione di Gaza, bisogni sfide e percorso futuro

Un rapporto della Banca Mondiale pubblicato all’inizio di aprile 2024 ha affermato che la guerra di Israele ha causato danni per un valore di 18,5 miliardi di dollari alle infrastrutture critiche di Gaza. I danni includono 370.000 unità abitative che sono state distrutte e altre 370.000 che sono state danneggiate. In questo momento, oltre un milione di palestinesi sono senza casa. Se la ricostruzione delle case a Gaza iniziasse immediatamente, costerebbe 40 miliardi di dollari e andrebbe avanti fino al 2040. Un rapporto delle Nazioni Unite del luglio 2024 indica che bonificare Gaza da quasi 40 milioni di tonnellate di materiale bellico e macerie richiederà anni, il costo si aggirerà tra i 500 e i 600 milioni di dollari e comporterà 15 anni di lavoro. Un programma di recupero precoce della durata di tre anni per riportare indietro, nelle loro posizioni originali, centinaia di migliaia di Palestinesi che vivono in rifugi temporanei costerà tra i 2 e i 3 miliardi di dollari. Questo in aggiunta al danno prodotto alle strutture agricole, di cui il 50% è stato distrutto, e alle proprietà commerciali, distrutte per il 9%. Ma prima, secondo le stime, dovranno essere rimossi 37 milioni di tonnellate di detriti. Nella Striscia di Gaza, circa il 90 % delle strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte. La distruzione delle infrastrutture sanitarie di Gaza ha lasciato solo 10 ospedali su 36 a malapena funzionanti: per esempio le amputazioni di arti vengono eseguite senza anestesia e gli aborti spontanei sono aumentati. La crisi sanitaria è stata aggravata dalla mancanza di acqua pulita e forniture mediche essenziali. Ospedali e cliniche lottano per funzionare senza elettricità e molti operatori sanitari sono rimasti feriti o uccisi, il che incide drasticamente sulla capacità del sistema sanitario. Tutte le scuole di Gaza sono state distrutte o trasformate in rifugi per i nuovi senzatetto, e tutte le 12 università sono state decimate. Tutte le strade, le fognature, le tubature e altre infrastrutture critiche hanno subito danni ingenti. Non meno di 2 milioni di persone sono bloccate senza servizi, e praticamente ogni palestinese nella Striscia di Gaza è stato in qualche modo colpito dalla guerra. Gaza ha assistito ad una distruzione quasi completa dell’attività economica in tutti i settori. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che più di 200.000 posti di lavoro sono andati persi a Gaza, pari a circa il 90 percento del numero di persone nella forza lavoro prima del conflitto. L’agenzia delle Nazioni Unite calcola inoltre che la perdita di reddito a Gaza abbia raggiunto i 4,1 milioni di dollari al giorno, il che equivale a una diminuzione dell’80 percento del prodotto interno lordo (il valore della produzione totale di beni e servizi prodotti dall’economia). Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo stima che l’indice di sviluppo a Gaza sia regredito di 40 anni. L’indice valuta come fattori gli anni dedicati all’istruzione dalle persone, la percentuale di coloro che raggiungono un titolo di studio, la salute e la speranza di vita alla nascita. In altre parole, tutti gli investimenti nello sviluppo delle risorse umane negli ultimi 40 anni a Gaza sono stati decimati. Per andare avanti, Gaza ha bisogno del più grande sforzo di ricostruzione postbellica dai tempi della fine della seconda guerra mondiale nel 1945, e questo costerà fino a 50 miliardi di dollari. Oltre alla distruzione dovuta alle armi, la situazione umanitaria all’interno di Gaza è andata peggiorando a causa delle restrizioni al numero di camion di aiuti umanitari autorizzati ad entrare nella Striscia. L’impatto devastante delle necessità umanitarie durerà a lungo, a meno che le esigenze di istruzione temporanea, assistenza sanitaria temporanea, supporto psicosociale alla popolazione venga immediatamente ripristinato e vengano riportati i servizi di base come acqua, servizi igienici ed elettricità. Un milione di bambini – quasi ogni singolo bambino di Gaza – avrà bisogno di assistenza psichiatrica, supporto sanitario e psicosociale. Il conflitto in corso ha provocato abusi e violazioni diffuse del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. La ricostruzione di Gaza richiederà che si possa attraversare la striscia senza limitazioni e che aiuti e interventi urgenti siano facilitati, per arginare la crisi umanitaria e l’imminente carestia.
Come ha sottolineato di recente il Consiglio ecumenico delle Chiese – al di là dell’immediata necessità di un cessate il fuoco, della fine della guerra e delle esigenze umanitarie in termini di accesso e aiuto – sono necessarie anche delle roadmap su come le chiese e le altre comunità religiose possano lavorare insieme per contribuire a costruire la pace a lungo termine.

Preghiamo: [nell’originale Salmo 113,4-7]

1 Alleluia. Lodate, o servi del Signore, lodate il nome del Signore. 2 Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre! 3 Dal sol levante fino al ponente sia lodato il nome del Signore. 4 Il Signore è superiore a tutte le nazioni e la sua gloria è al di sopra dei cieli. 5 Chi è simile al Signore, al nostro Dio, che siede sul trono in alto, 6 che si abbassa a guardare nei cieli e sulla terra? 7 Egli rialza il misero dalla polvere e solleva il povero dal letame (Salmo 113,1-7)

Abbi misericordia, Signore. Oggi è come la Pentecoste; il giorno dello Spirito Santo, lo Spirito di Dio tra il popolo. È il giorno in cui la chiesa è nata, e gli esseri umani sono nati di nuovo. La striscia di Gaza, Rafah e Israele, hanno bisogno di una nuova nascita. Invia lo Spirito Santo, o Dio, rinnova la vita lì a Gaza, in mezzo alle macerie. Signore, tu sei onnipotente e onnipresente, Ti preghiamo, Signore, fai risorgere la
Palestina dalle macerie e dalla distruzione causata dall’uomo e restituisci a palestinesi ed israeliano la speranza di una vita serena, armoniosa e colma di fede. Ti preghiamo, Signore, guarda la nostra situazione. Dal cielo, ti preghiamo, guarda la crudeltà dell’umanità e l’indifferenza di chi non si sente coinvolto. Ti preghiamo, fa’ finire l’indifferenza e la crudeltà, guidaci lungo la strada che permette alla pace di prevalere nei cuori e nelle menti. Signore, abbi pietà. Amen!

 

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Giorno 6: per la comunità internazionale

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 6: per la comunità internazionale

Il 21 settembre si celebra la Giornata internazionale della pace presso le Nazioni Unite, ma oggi i poteri forti del mondo sembrano non ascoltare più la voce dell’ONU. Alle Nazioni Unite sono state approvate 191 risoluzioni su Palestina e Israele, eppure non sembra che vengano ascoltate e neppure accolte. La risoluzione 2735 del 10 giugno 2024 ha sostenuto una proposta per gli ostaggi e il cessate il fuoco nella guerra tra Hamas e Israele e ha ribadito il sostegno alla soluzione dei due stati. Ciò ha dato speranza, ma non è stata ancora attuata. Perché, anche adesso, non c’è ancora una soluzione? Come mai le cose stanno solo peggiorando? Nel gennaio 2024 la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di adottare tutte le misure necessarie per impedire un genocidio a Gaza, ma nei mesi successivi almeno altre 5.000 persone hanno perso la vita. Anche la Corte penale internazionale si è pronunciata sui crimini di guerra commessi dai leader israeliani durante questa guerra, ma per il momento questo non ha comportato nessun cambiamento. La Terra Santa dovrebbe essere protetta per tutti, indipendentemente dalla religione o dalla nazionalità. Possano i leader della chiesa e i rappresentanti eletti in tutto il mondo pregare per la
pace, intraprendere azioni significative per sostenere il rispetto dei diritti umani e della dignità, e sostenere il lavoro per porre fine alla violenza verso una pace giusta per tutte le persone che vivono nella regione.

Preghiamo: [nell’originale salmo 74,10-12]

1 Fino a quando, o Signore, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? 2 Fino a quando avrò l’ansia nell’anima e l’affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando s’innalzerà il nemico su di me? 3 Guarda, rispondimi, o Signore, mio Dio! Illumina i miei occhi perché io non m’addormenti del sonno della morte, 4 affinché il mio nemico non dica: «L’ho vinto!» e non esultino i miei avversari se io vacillo. 5 Quanto a me, io confido nella tua bontà; il mio cuore gioirà per la tua salvezza; io canterò al Signore perché m’ha fatto del bene. (Salmo 13,1-5)

Abbi misericordia, Signore. Ci sono persone che vogliono espellere i e le palestinesi dalla loro terra, vogliono sostituirli con altri abitanti. Milioni di persone sono rimaste senza casa, per strada. Ci hai abbandonato, Signore? Sei tu che hai detto “Se la donna che allatta abbandona il figlio, io non ti abbandonerò.” Signore, in te abbiamo fiducia. La situazione peggiora sempre più, abbi misericordia, Signore. Amen.

 

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Giorno 5: per le donne e i bambini sotto tiro

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 5: per le donne e i bambini sotto tiro

Una testimonianza di Hana Kirreh, una donna molto impegnata nel sostegno alle vittime e sul fronte della pace. “Come al solito, durante le aggressioni contro Gaza, le vittime sono civili, tra cui donne, bambini e anziani. Ciò è dovuto alla densità della popolazione di Gaza. I civili sono colpiti direttamente dai bombardamenti e dalle sparatorie, così come indirettamente dalla mancanza di accesso a servizi essenziali come l’assistenza sanitaria, l’acqua pulita, e un riparo adeguato. Questa recente aggressione a Gaza ha causato notevoli crisi umanitarie e ha portato a vittime e malattie diffuse tra non combattenti. La situazione delle donne e dei bambini a Gaza durante l’attuale aggressione è terribile. Vorrei menzionare alcuni aspetti chiave relativi alla loro situazione.

  1. Impatto dei bombardamenti e degli attacchi. Le donne e i bambini stanno sopportando un un carico sproporzionato a causa della loro vulnerabilità. Sono spesso direttamente colpiti da bombardamenti, attacchi aerei e operazioni militari, che portano a feriti, morti e sfollati.
  2. Assistenza sanitaria e aiuti umanitari. L’accesso all’assistenza sanitaria diventa fortemente limitato durante i conflitti, rendendo difficile la cura delle ferite e delle malattie. Gli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e forniture mediche, è limitato, il che aggrava il disastro.
  3. Impatto psicologico. I bambini di Gaza stanno crescendo in mezzo a violenza e aggressività, che hanno un impatto significativo sulla loro salute mentale e psicologica. Sperimentano traumi, ansia e stress, che possono avere effetti a lungo termine sul loro sviluppo.
  4. Interruzione dell’istruzione. Le scuole e le strutture educative diventano spesso obiettivi e sono utilizzati come rifugi per i civili in situazioni molto difficili, dove vivono senza igiene e privacy. Questa interruzione nell’istruzione influisce sull’apprendimento dei bambini e sulle loro prospettive future.
  5. Difficoltà economiche. Oltre a tutte le difficoltà sopra menzionate, l’attuale aggressione a Gaza peggiora le condizioni economiche, portando alla povertà e alla disoccupazione.
  6. Spostamento e rifugio. Le famiglie spesso lasciano le loro case, cercando rifugio in condizioni di sovraffollamento e inadeguate, come scuole delle Nazioni Unite o rifugi temporanei. Questo spostamento li espone ulteriormente a rischi per la loro salute e all’insicurezza.
  7. Violenza contro le donne. In tempi così difficili, i tassi di violenza domestica e la violenza di genere tendono ad aumentare. Le donne e le ragazze affrontano rischi maggiori di violenza sessuale, sfruttamento e abuso.
  8. Risposta internazionale. Organizzazioni internazionali e agenzie umanitarie di solito lavorano per fornire assistenza e protezione alle donne e ai bambini durante le guerre. Tuttavia, durante l’aggressione attuale, l’accesso e la consegna di aiuti sono ostacolati dalle ostilità e dalle restrizioni in corso.

Le aggressioni a Gaza impongono l’urgente necessità di un intervento umanitario, della protezione delle vite dei civili e di sforzi a lungo termine per affrontare le cause profonde di conflitto nella regione. Per affrontare le conseguenze della guerra sulle donne e sui bambini è necessario un approccio multidisciplinare e sfaccettato, che coinvolge aiuti umanitari, interventi politici e politiche a lungo termine. La cosa più urgente ed importante è che i governi lavorino fortemente per un cessate il fuoco. Voi pregate intensamente e incessantemente per la liberazione, la pace e la giustizia. Il 6 maggio, l’ONU ha pubblicato dati che mostrano che 34.735 persone sarebbero state uccise a Gaza, tra cui oltre 9.500 donne e oltre 14.500 bambini.

Preghiamo:

17 Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che hai reso forte per te, 18 e noi non ci allontaneremo da te. Facci rivivere, e noi invocheremo il tuo nome. 19 Signore, Dio degli eserciti, ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi. (Salmo 80,17-19)

Abbi pietà, Signore. C’è guerra e morte, i bambini e le bambine piangono. Gesù, tu che hai detto “lasciate che i bambini vengano a me”, ecco i bambini e le bambine di Gaza, di Rafah e di Israele: essi sono schiacciati dai capi della guerra dal punto di vista fisico e psicologico. Abbi pietà dei piccoli, Signore, delle loro grida e agonia. Ascolta le nostre preghiere. Dio onnipotente, mostraci la via, donaci luce e salvezza. Abbi pietà, Signore. Amen!

 

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Giorno 4: per gli ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi detenuti da Israele

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 4: per gli ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi detenuti da Israele

Nell’aprile 2024, c’erano 9.500 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, di cui 60 donne e 170 bambini, di cui 40 in detenzione amministrativa. Questo è un numero che potrebbe essere inesatto al ribasso perché a partire dal 7 ottobre c’è stato un numero imprecisato di arresti a Gaza e in Cisgiordania. I prigionieri vengono condannati nei tribunali militari dove non c’è Appello, e nessun giusto processo trasparente. Il tasso di assoluzione non supera lo 0,03%, il che significa che un palestinese portato davanti a un tribunale militare, indipendentemente dall’accusa, ha il 99,97% di possibilità di essere condannato. Secondo alcune associazioni per i diritti dei prigionieri, ci sono anche 350 cadaveri nei frigoriferi, alcuni dei quali sono lì da anni, trattenuti da Israele senza consentire sepolture adeguate, oltre ad un numero imprecisato di cadaveri palestinesi sepolti in fosse comuni. L’8 giugno 2024, 120 ostaggi erano ancora prigionieri nella Striscia di Gaza, di cui 116 sono stati rapiti il 7 ottobre 2023, insieme ad altri quattro ostaggi catturati in precedenza. Hamas ha offerto di liberare tutti gli ostaggi in cambio del rilascio di tutti i prigionieri palestinesi.

Preghiamo:

1 A te alzo gli occhi, a te che siedi nei cieli! 2 Ecco, come gli occhi dei servi guardano la mano del loro padrone, come gli occhi della serva guardano la mano della sua padrona, così gli occhi nostri sono rivolti al Signore, al nostro Dio, finché egli abbia pietà di noi. 3 Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi, perché siamo più che sazi di disprezzo. (Salmo 123,1-3)

Abbi pietà di noi, Signore, perché siamo stati completamente umiliati. Siamo straziati, straziate da dolore, morte, fame, sete e malattia. Padre nostro che sei nei cieli, guardaci e abbi misericordia. Alziamo le braccia verso di, a Te gridiamo, nostro Signore e Padre, misericordia. Ci senti, Signore? Vedi i malvagi e ciò che stanno per compiere? Ti preghiamo, o Signore, diffondi la giustizia in tutta la terra. Gaza è sotto assedio da tue creature, Tu solo potrai rompere l’assedio e salvare gli oppressi. Abbi pietà, Signore. Le nostre anime sono stanche di umiliazione e morte. Amen!

 

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Giorno 3: per gli sfollati

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 3: per gli sfollati

Si stima che l’85% della popolazione di Gaza, circa 1,93 milioni di individui, sia costretta a vivere in esilio. Quasi 1,4 milioni di sfollati cercano rifugio nelle sovraffollate terre del Vicino Oriente, esacerbandone la vulnerabilità. Prevenire gli spostamenti arbitrari e fornire protezione, assistenza e protezione duratura sono le soluzioni pensate dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Tali soluzioni per gli sfollati non sono né facoltative né atti di carità: secondo il diritto internazionale sono gli obblighi a cui deve sottoporsi Israele, in quanto potenza occupante. Le vite dei palestinesi non sono semplici statistiche. Sono famiglie che lottano per sopravvivere, incontrarsi, che hanno persone care morte, sono bambini che cercano di trovare la gioia in mezzo a traumi inimmaginabili. La Terra Santa ha disperatamente bisogno di un cessate il fuoco immediato e permanente, unito a misure significative per documentare le responsabilità per tutte le atrocità che sono state commesse. Per raggiungere una vera pace per entrambi i popoli della Palestina e di Israele, è necessario avere come obiettivo finale una convivenza basata sulla giustizia, invece che sul potere militare, creando una situazione in cui il diritto internazionale venga applicato in modo coerente e senza parzialità. Il viaggio da Gaza City a Rafah attraversando i confini – Una testimonianza di Mayadah Tarazi [una responsabile dell’YWCA della Palestina] Il 5 aprile 2024 è stato il giorno in cui un gruppo di 20 persone, tra cui parte della mia famiglia, ha deciso di andarsene dal rifugio della Chiesa della Sacra Famiglia. Dopo quasi sette mesi di resistenza hanno deciso di lasciare la loro amata patria. La sono nati e cresciuti, hanno ricevuto l’istruzione, hanno lavorato: insomma hanno
vissuto sempre a Gaza City, ma la situazione non era più sostenibile. Tra gli altri, anche mia zia di 82 anni ha deciso di lasciare Gaza con suo figlio e sua nuora e i loro gemelli di 11 anni. La loro decisione è stata presa dopo la morte del marito di mia zia, quando lei ha perso la sua casa e gran parte delle sue cose. Il marito della zia è morto a causa della mancanza di farmaci mentre erano rifugiati in chiesa, riparati per lungo tempo senza cibo adeguato, senza acqua, senza farmaci e niente elettricità. Il viaggio è stato molto duro e rischioso. E’ stato necessario farne gran parte a piedi: nessuna macchina poteva circolare perché le strade erano state completamente danneggiate. Hanno dovuto attraversare a piedi un posto di blocco militare israeliano, un posto di blocco che per qualche motivo era rimasto chiuso per un po’ di tempo. Mentre passavano sono iniziati gli spari verso le persone che camminavano e per miracolo sono riusciti ad attraversare il posto di blocco senza essere colpiti. Dopo oltre otto ore di cammino, hanno finalmente raggiunto il valico di frontiera di Rafah, che purtroppo era chiuso. Hanno trascorso ore ad aspettare, sperando che il confine si aprisse. Dopo altre ore di attesa e alcune procedure tra il confine palestinese ed egiziano per il controllo e il rinnovo dei passaporti, finalmente sono riusciti a passare. Poi hanno viaggiato per 6 ore in autobus fino al Cairo.
Il giorno dopo sono arrivati in Bahrein, dove vive la figlia di mia zia. Desiderava ardentemente rivedere sua madre, suo fratello e la sua famiglia, l’incontro ha suscitato lacrime di felicità nel vedere la madre sana e salva e lacrime di tristezza per la perdita del padre che era morto all’inizio di novembre. L’ultima volta che aveva visto suo padre era stato 10 anni prima, quando aveva visitato la sua casa a Gaza. Dopo quasi sette mesi, la famiglia ha potuto fare una doccia decente, dormire su un letto normale, mangiare pane e cibo appropriati, proprio come tutte le altre persone in qualsiasi altro Paese. Mia zia mi ha raccontato che la prima cosa che ha visto e mangiato quando sono arrivati sono stati i cetrioli; non li vedeva da tanto tempo, prima di tutto a causa del prezzo, che era diventato altissimo (circa 30 dollari per un chilo di cetrioli), e poi erano del tutto spariti. La zia ha anche raccontato che mentre camminavano, hanno scoperto che Gaza era totalmente distrutta…totalmente sparita. In particolare lungo il sentiero del mare, hanno visto che non era rimasto più nulla dei bar o ristoranti, case, edifici. Non c’era alcun segno di vita… Era tutto sparito e vuoto… La moglie di mio cugino ha raccontato: “il due aprile è stato il giorno più difficile da quando c’è stato l’inizio di questa guerra, la prima volta che abbiamo camminato con i carri armati militari israeliani accanto a noi, e non potevamo credere di essere arrivati al valico di frontiera dopo quello che avevamo visto. Stavamo cercando di darci reciprocamente speranza per andare avanti; per il momento non siamo in grado di superare la stanchezza, la paura e l’umiliazione che abbiamo subito in questi mesi. Che Dio dia forza alle persone che percorreranno lo stesso cammino.” Suor Nabila, direttrice della Rosary Sister’s School, era nello stesso gruppo che lasciava Gaza insieme ai miei parenti. Ha raccontato il viaggio di tormento e umiliazione da Gaza City verso sud, fino al valico di Rafah. “Arrivare alla rotonda di Nabulsiyeh sulla spiaggia è stato un miracolo. Dopo essere arrivati, è cominciato il peggio, quando è iniziata una sparatoria sopra le nostre teste. Poi i carri armati ci hanno rapidamente circondato, lanciando sabbia e fango fino a quasi seppellirci. Avremmo voluto tornare alla morte del rifugio, dove ci sentivamo più a nostro agio, ma loro ci hanno impedito qualsiasi movimento e ci hanno trattenuti in quella situazione per alcune ore. Poi ci hanno lasciato passare attraverso i cancelli. Ci siamo dovuti sbarazzare delle nostre borse e degli effetti personali dopo che erano stati sepolti e non avevamo la possibilità di trasportarli. Poi abbiamo fatto una lunga camminata e siamo giunti al confine quando ormai era buio.” Dal 7 ottobre, dopo aver lasciato le loro case e aver trovato rifugio nella chiesa, le loro vite sono cambiate totalmente. Preghiamo affinché Dio protegga tutte le persone che sono ancora a Gaza e che insistono nel non voler partire dalla loro terra.

Preghiamo:

14 Egli mantiene la pace entro i tuoi confini, ti sazia con frumento scelto. 15 Egli manda i suoi ordini sulla terra, la sua parola corre velocissima. (Salmo 147,14-15)

Abbi pietà, o Signore. La pace è a portata di mano, come la porta dove è disponibile il grano per gli affamati. Ma dov’è? Dov’è la pace quando non possiamo attraversare il confine? Dov’è il grano che nutrirà i bambini? In quali mani l’hai messo? Oh Signore, ci sono persone che invece di dare il pane stanno dando la morte. Non hanno tenuto al sicuro i tuoi figli. Per favore, o Signore, non lasciare la storia nelle mani di chi è interiormente morto e vuole che gli altri siano morti. Per favore salva la tua creazione, i tuoi figli, dal male degli altri tuoi figli. Abbi pietà, o Signore.

 

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Giorno 2: per i feriti e i disabili

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 2: per i feriti e i disabili

I dati sui feriti e i disabili non sono chiari a causa della continuazione delle ostilità che non permettono un’adeguata assistenza e registrazione dei casi di feriti e disabili. Secondo l’OMS dal 7 ottobre alla fine di aprile 2024 a Gaza ci sono stati oltre 78.000 feriti. Inoltre, secondo Save the Children, si assiste ad un drammatico deterioramento della salute psicologica e mentale dei bambini di Gaza. Secondo una valutazione dell’UNOCHA 5.000 persone con disabilità, acquisita a causa di ferite riportate durante le ostilità a Gaza, soffrono per la mancanza di rifugi accessibili, e la loro condizione è peggiorata a causa dei servizi medici insufficienti e la trascuratezza dei loro bisogni. La maggior parte dei rifugi non è adeguatamente attrezzata per loro. I rifugi non dispongono dei materassi e dei letti medici necessari, causando ulcere e altri problemi che non possono essere trattati in condizioni non sterilizzate. Le donne e le ragazze rappresentano circa il 45% della popolazione con disabilità. Altre persone che sono state ferite rischiano una disabilità a lungo termine a causa della mancanza di forniture per il trattamento di ferite o fratture minori. Le persone già precedentemente con disabilità vivono sapendo che potranno essere le prime e le prossime a essere uccise a causa delle limitate possibilità di fuga o di partecipazione alle evacuazioni a causa della loro disabilità. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha citato il caso di Y. M., avvocato di un’organizzazione non governativa, che aveva una disabilità visiva che gli impediva di fuggire dalla sua casa, che si trovava in un’area sottoposta ad attacchi e bombardamenti.  È stato ucciso in casa il 7 dicembre 2023, lasciando quattro figli di due, tre, otto e dieci anni. Il Comitato, esprimendo rammarico per il fatto che i sostenitori dei diritti dei disabili, come Y.M. siano tra le persone ferite, traumatizzate e uccise, ha riferito che Y.M. “Non ha ricevuto informazioni sull’evacuazione in modo tempestivo o accessibile, né lui o i suoi parenti hanno beneficiato di passaggi accessibili, né di sistemazioni e rifugi specifici dove avrebbe potuto trovare le misure di sicurezza e sfuggire all’attacco aereo”. I bambini con disabilità sono a maggior rischio di separazione familiare e la loro sofferenza è insopportabile, ha avvertito il Comitato.

Preghiamo:

3 Il Signore guarisce chi ha il cuore spezzato e fascia le loro piaghe. 6 Il Signore sostiene gli umili, ma abbassa gli empi fino a terra. (Salmo 147,3.6)

Abbi misericordia, Signore, e guarisci chi a Gaza e in Israele ha il cuore spezzato e terribili ferite nel corpo. In mezzo del male provocato proteggi i deboli, i feriti, chi è rimasto senza casa e senza sostentamento. Guida chi cerca la pace, fa che la loro sensibilità contagi le masse che adesso sembra vogliano la guerra; purifica i cuori dal desiderio di vendetta e la pulsione di morte. Signore Iddio, noi tuoi figli e tue figlie abbiamo fede in Te: nessuno può salvare chi è travolto dall’orrore della guerra, se non Tu, l’unico Dio, l’unico padre, il più amorevole.
Dio, ti preghiamo, salva l’umanità dal peccato.
Signore, abbi pietà. Amen!

 

Per ascoltare la lettura dei materiali con interviste e commenti: RBE – Voce delle chiese

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Giorno 1: per le vittime

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 1: per le vittime

Il bilancio totale delle vittime di Israele è di 1.410 morti, di cui, 1.139 sono stati uccisi negli attacchi del 7 ottobre 2023, inoltre, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (d’ora in poi UNOCHA), sempre il 7 ottobre sono state ferite almeno altre 1.271 persone.

Come pubblicato sempre dall’UNOCHA, almeno 40.000 palestinesi sono stati uccisi in 10 mesi, di cui almeno 10.627 bambini, (663 di età inferiore a un anno). Secondo l’OMS, dal 7 ottobre alla fine di aprile 2024, ci sono stati oltre ai 40.000 morti, anche 78.000 feriti a Gaza e ogni giorno la guerra miete ulteriori vittime civili. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che, fino ad oggi, il 25% delle persone uccise a Gaza siano stati uomini in età lavorativa. Inoltre, Israele non dichiara il numero di palestinesi che arresta e chiude in campi di detenzione in condizioni subumane, luoghi dove vige la tortura, e dove le persone vivono senza diritti legali e senza un giusto processo. Come cristiani, siamo chiamati/e a incarnare i principi di giustizia, pace e sicurezza in tutti i loro aspetti: quelli economici e in quelli sociali. La nostra fede ci obbliga a rispondere alle grida di sofferenza e a lavorare per una pace e una giustizia durature. La crisi attuale ci ricorda la nostra responsabilità di difendere coloro che sono in difficoltà e di usare la nostra voce collettiva per chiedere la fine della violenza e l’instaurazione di una pace duratura. Anche in tempi di oscurità e di disperazione, la nostra fede ci chiama a mantenere la speranza, anche quando vediamo le ingiustizie nel mondo, a fornire accompagnamento alle vittime e a rinnovare gli sforzi per una pace giusta per tutti e tutte.

Preghiamo:

3 Non confidate nei prìncipi, né in alcun figlio d’uomo, che non può salvare. 4 Il suo fiato se ne va, ed egli ritorna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi progetti. 7 Il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il cibo agli affamati. Il Signore libera i prigionieri (Salmo 146,3-4.7)

Abbi misericordia, Signore. Su di te abbiamo fatto affidamento. Non su coloro che il mondo definisce vincenti, non sugli esseri umani. Essi non possono offrire la salvezza, sono loro che portano la guerra. La nostra unica fiducia è in te, Signore nostro. Fai giustizia agli oppressi, dai il pane agli affamati, allenta le catene dei prigionieri. Vieni, Signore, presto, a Gaza, a Rafah, e a tutte le persone che vivono in Terrasanta. C’è chi si è dimenticato di Te e si è perso lungo la strada della morte. Ti preghiamo, salvali Signore. Amen.

 

Per ascoltare la lettura dei materiali con interviste e commenti: RBE – Voce delle chiese

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Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele: preghiera e impegno

Raccogliendo l’invito del Consiglio Ecumenico delle Chiese, fatto proprio anche dal Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, anche la nostra comunità aderisce con convinzione alla Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024, in cui le chiese, le comunità di fede e le organizzazioni della società civile di tutto il mondo si uniranno nella preghiera per una pace giusta per tutti e tutte in Palestina e Israele.

Lo facciamo perché siamo consapevoli di vivere in un tempo in cui la tentazione di lasciarci trascinare nelle polarizzazioni e nelle divisioni che questo tema delicato e complesso porta con sé, e nel quale allora la preghiera comune diventa ancora più importante, perché significa credere nella possibilità del cambiamento, nel fatto che Dio possa fare la differenza, nella possibilità del ravvedimento e della conversione.

 

Preghiera, dunque, ma al tempo stesso anche informazione, approfondimento e riflessione, perché crediamo che tutte queste cose debbano sempre andare insieme. Come lo faremo? In quattro modi diversi:

 

L’approfondimento e la preghiera quotidiana. Pubblicheremo sul nostro sito web e sulla nostra pagina Facebook i materiali per l’approfondimento e la preghiera proposti per ogni giorno della Settimana dal Consiglio Ecumenico delle Chiese. Sarà anche possibile ascoltarne la lettura, con interviste e commenti, all’interno del programma “Voce delle chiese” di RBE – Radio Beckwith Evangelica.

Il confronto con la storia e le radici del conflitto. Abbiamo chiesto a Paolo Naso (politologo, esperto di religione e politica, docente di Scienza politica alla Sapienza, Università di Roma e presso altri istituti universitari) di guidarci in una serata di approfondimento sulla Guerra dei cento anni. Mercoledì 18 settembre, ore 20.45, tempio valdese di Torre Pellice.

Il culto comunitario. Il nostro culto di domenica 22 settembre, giornata conclusiva della Settimana, sarà dedicato alla preghiera e alla riflessione biblica comunitaria sul tema della pace in Palestina e Israele.

L’impegno concreto. Abbiamo aderito e stiamo già raccogliendo i contributi alla sottoscrizione “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace lanciata dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia in collaborazione con il Centro Studi Confronti, per contribuire all’invio di aiuti umanitari per Gaza, e per attivare progetti di dialogo per la convivenza e la pace tra israeliani e palestinesi.

Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace

Il Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), in collaborazione con la Rivista e Centro Studi Confronti, ha deciso di lanciare una sottoscrizione per gli aiuti umanitari per Gaza e attivare progetti di dialogo per la convivenza e la pace tra israeliani e palestinesi, con il motto “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”.
Il progetto si basa su esperienze consolidate come “Semi di Pace” e “Fiori di Pace”, mirate alla riconciliazione tra comunità in conflitto, portata avanti da Confronti e coinvolge, oltre a istituzioni evangeliche, esponenti di associazioni musulmane, ebraiche ed ecumeniche da anni impegnate anche il loco, a promuovere il dialogo tra le parti in conflitto.

La FCEI «lancia un appello alle chiese, alle associazioni ecumeniche e interreligiose, e a tutte e tutti gli individui desiderosi di sostenere progetti di dialogo “dal basso”, alle fondazioni e alla società civile italiana, affinché contribuiscano a questo progetto sulla base della parola d’ordine che ci siamo dati: “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”.
L’iniziativa nasce dalla volontà di dare una risposta all’impotenza che tanti e tante abbiamo di fronte a questa tragedia: in primo luogo con una sottoscrizione in favore di chi sta continuando a fornire assistenza fra difficoltà inenarrabili, in secondo luogo favorendo tutte le possibili occasioni di riflessione.

Per coordinare le attività legate al progetto è stato istituito un gruppo di lavoro presieduto da Debora Spini, gruppo che include rappresentanti di comunità evangeliche, musulmane, ebraiche ed ecumeniche impegnate a promuovere il dialogo e la convivenza pacifica.
“Vogliamo sostenere queste realtà, contribuendo a riavviare il loro lavoro e perseguendo un duplice scopo: aiutare l’opinione pubblica italiana a comprendere la complessità della situazione e offrire a questi attivisti un luogo sicuro di incontro – ha dichiarato Spini nell’intervista di lancio dell’iniziativa – . Siamo per il realismo della ragione, del dialogo e delle soluzioni politiche. Occorre guardare avanti, costruendo la pace anche quando sembra lontana”.

La FCEI rivolge l’appello a costruire un’ampia convergenza di individui, comunità, associazioni, gruppi, opere, disponibili ad “attraversare il conflitto” nella linea della “equivicinanza” ai due popoli, richiamandosi al documento della Commissione Studi Dialogo Integrazione della stessa federazione. In quest’ottica “cercheremo di sostenere le donne e gli uomini che, dall’una e dall’altra parte, si impegnano per una pace vera, che abbatta i muri dell’antisemitismo, dell’islamofobia e di ogni altra espressione dell’odio e del razzismo”.

Puoi versare il tuo contributo straordinario sia direttamente tramite l’IBAN alla FCEI, sia appoggiandoti al Concistoro della Chiesa valdese di Torre Pellice (in questo secondo caso è possibile beneficiare della defiscalizzazione dell’offerta): in busta chiusa al presbiterio, all’anziano/a del tuo quartiere o ai culti domenicali, oppure sul conto corrente della chiesa (nel riquadro qui sotto). In ogni caso ti raccomandiamo di specificare la finalità della donazione: “Fermiamo l’odio”.

Per donare:
causale “Fermiamo l’odio”

C/C intestato a Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Banca Unicredit – Via Vittorio Emanuele Orlando, 70, 00185 Roma
IBAN : IT26X0200805203000104203419
BIC: Bic/swift: UNCRITM1704

Oppure

C/C Intestato a Concistoro Chiesa Valdese di Torre Pellice
IBAN : IT46 W 02008 31070 000001335311