Giorno 4: per gli ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi detenuti da Israele

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 4: per gli ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi detenuti da Israele

Nell’aprile 2024, c’erano 9.500 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, di cui 60 donne e 170 bambini, di cui 40 in detenzione amministrativa. Questo è un numero che potrebbe essere inesatto al ribasso perché a partire dal 7 ottobre c’è stato un numero imprecisato di arresti a Gaza e in Cisgiordania. I prigionieri vengono condannati nei tribunali militari dove non c’è Appello, e nessun giusto processo trasparente. Il tasso di assoluzione non supera lo 0,03%, il che significa che un palestinese portato davanti a un tribunale militare, indipendentemente dall’accusa, ha il 99,97% di possibilità di essere condannato. Secondo alcune associazioni per i diritti dei prigionieri, ci sono anche 350 cadaveri nei frigoriferi, alcuni dei quali sono lì da anni, trattenuti da Israele senza consentire sepolture adeguate, oltre ad un numero imprecisato di cadaveri palestinesi sepolti in fosse comuni. L’8 giugno 2024, 120 ostaggi erano ancora prigionieri nella Striscia di Gaza, di cui 116 sono stati rapiti il 7 ottobre 2023, insieme ad altri quattro ostaggi catturati in precedenza. Hamas ha offerto di liberare tutti gli ostaggi in cambio del rilascio di tutti i prigionieri palestinesi.

Preghiamo:

1 A te alzo gli occhi, a te che siedi nei cieli! 2 Ecco, come gli occhi dei servi guardano la mano del loro padrone, come gli occhi della serva guardano la mano della sua padrona, così gli occhi nostri sono rivolti al Signore, al nostro Dio, finché egli abbia pietà di noi. 3 Abbi pietà di noi, Signore, abbi pietà di noi, perché siamo più che sazi di disprezzo. (Salmo 123,1-3)

Abbi pietà di noi, Signore, perché siamo stati completamente umiliati. Siamo straziati, straziate da dolore, morte, fame, sete e malattia. Padre nostro che sei nei cieli, guardaci e abbi misericordia. Alziamo le braccia verso di, a Te gridiamo, nostro Signore e Padre, misericordia. Ci senti, Signore? Vedi i malvagi e ciò che stanno per compiere? Ti preghiamo, o Signore, diffondi la giustizia in tutta la terra. Gaza è sotto assedio da tue creature, Tu solo potrai rompere l’assedio e salvare gli oppressi. Abbi pietà, Signore. Le nostre anime sono stanche di umiliazione e morte. Amen!

 

Per ascoltare la lettura dei materiali con interviste e commenti: RBE – Voce delle chiese

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Giorno 3: per gli sfollati

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 3: per gli sfollati

Si stima che l’85% della popolazione di Gaza, circa 1,93 milioni di individui, sia costretta a vivere in esilio. Quasi 1,4 milioni di sfollati cercano rifugio nelle sovraffollate terre del Vicino Oriente, esacerbandone la vulnerabilità. Prevenire gli spostamenti arbitrari e fornire protezione, assistenza e protezione duratura sono le soluzioni pensate dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Tali soluzioni per gli sfollati non sono né facoltative né atti di carità: secondo il diritto internazionale sono gli obblighi a cui deve sottoporsi Israele, in quanto potenza occupante. Le vite dei palestinesi non sono semplici statistiche. Sono famiglie che lottano per sopravvivere, incontrarsi, che hanno persone care morte, sono bambini che cercano di trovare la gioia in mezzo a traumi inimmaginabili. La Terra Santa ha disperatamente bisogno di un cessate il fuoco immediato e permanente, unito a misure significative per documentare le responsabilità per tutte le atrocità che sono state commesse. Per raggiungere una vera pace per entrambi i popoli della Palestina e di Israele, è necessario avere come obiettivo finale una convivenza basata sulla giustizia, invece che sul potere militare, creando una situazione in cui il diritto internazionale venga applicato in modo coerente e senza parzialità. Il viaggio da Gaza City a Rafah attraversando i confini – Una testimonianza di Mayadah Tarazi [una responsabile dell’YWCA della Palestina] Il 5 aprile 2024 è stato il giorno in cui un gruppo di 20 persone, tra cui parte della mia famiglia, ha deciso di andarsene dal rifugio della Chiesa della Sacra Famiglia. Dopo quasi sette mesi di resistenza hanno deciso di lasciare la loro amata patria. La sono nati e cresciuti, hanno ricevuto l’istruzione, hanno lavorato: insomma hanno
vissuto sempre a Gaza City, ma la situazione non era più sostenibile. Tra gli altri, anche mia zia di 82 anni ha deciso di lasciare Gaza con suo figlio e sua nuora e i loro gemelli di 11 anni. La loro decisione è stata presa dopo la morte del marito di mia zia, quando lei ha perso la sua casa e gran parte delle sue cose. Il marito della zia è morto a causa della mancanza di farmaci mentre erano rifugiati in chiesa, riparati per lungo tempo senza cibo adeguato, senza acqua, senza farmaci e niente elettricità. Il viaggio è stato molto duro e rischioso. E’ stato necessario farne gran parte a piedi: nessuna macchina poteva circolare perché le strade erano state completamente danneggiate. Hanno dovuto attraversare a piedi un posto di blocco militare israeliano, un posto di blocco che per qualche motivo era rimasto chiuso per un po’ di tempo. Mentre passavano sono iniziati gli spari verso le persone che camminavano e per miracolo sono riusciti ad attraversare il posto di blocco senza essere colpiti. Dopo oltre otto ore di cammino, hanno finalmente raggiunto il valico di frontiera di Rafah, che purtroppo era chiuso. Hanno trascorso ore ad aspettare, sperando che il confine si aprisse. Dopo altre ore di attesa e alcune procedure tra il confine palestinese ed egiziano per il controllo e il rinnovo dei passaporti, finalmente sono riusciti a passare. Poi hanno viaggiato per 6 ore in autobus fino al Cairo.
Il giorno dopo sono arrivati in Bahrein, dove vive la figlia di mia zia. Desiderava ardentemente rivedere sua madre, suo fratello e la sua famiglia, l’incontro ha suscitato lacrime di felicità nel vedere la madre sana e salva e lacrime di tristezza per la perdita del padre che era morto all’inizio di novembre. L’ultima volta che aveva visto suo padre era stato 10 anni prima, quando aveva visitato la sua casa a Gaza. Dopo quasi sette mesi, la famiglia ha potuto fare una doccia decente, dormire su un letto normale, mangiare pane e cibo appropriati, proprio come tutte le altre persone in qualsiasi altro Paese. Mia zia mi ha raccontato che la prima cosa che ha visto e mangiato quando sono arrivati sono stati i cetrioli; non li vedeva da tanto tempo, prima di tutto a causa del prezzo, che era diventato altissimo (circa 30 dollari per un chilo di cetrioli), e poi erano del tutto spariti. La zia ha anche raccontato che mentre camminavano, hanno scoperto che Gaza era totalmente distrutta…totalmente sparita. In particolare lungo il sentiero del mare, hanno visto che non era rimasto più nulla dei bar o ristoranti, case, edifici. Non c’era alcun segno di vita… Era tutto sparito e vuoto… La moglie di mio cugino ha raccontato: “il due aprile è stato il giorno più difficile da quando c’è stato l’inizio di questa guerra, la prima volta che abbiamo camminato con i carri armati militari israeliani accanto a noi, e non potevamo credere di essere arrivati al valico di frontiera dopo quello che avevamo visto. Stavamo cercando di darci reciprocamente speranza per andare avanti; per il momento non siamo in grado di superare la stanchezza, la paura e l’umiliazione che abbiamo subito in questi mesi. Che Dio dia forza alle persone che percorreranno lo stesso cammino.” Suor Nabila, direttrice della Rosary Sister’s School, era nello stesso gruppo che lasciava Gaza insieme ai miei parenti. Ha raccontato il viaggio di tormento e umiliazione da Gaza City verso sud, fino al valico di Rafah. “Arrivare alla rotonda di Nabulsiyeh sulla spiaggia è stato un miracolo. Dopo essere arrivati, è cominciato il peggio, quando è iniziata una sparatoria sopra le nostre teste. Poi i carri armati ci hanno rapidamente circondato, lanciando sabbia e fango fino a quasi seppellirci. Avremmo voluto tornare alla morte del rifugio, dove ci sentivamo più a nostro agio, ma loro ci hanno impedito qualsiasi movimento e ci hanno trattenuti in quella situazione per alcune ore. Poi ci hanno lasciato passare attraverso i cancelli. Ci siamo dovuti sbarazzare delle nostre borse e degli effetti personali dopo che erano stati sepolti e non avevamo la possibilità di trasportarli. Poi abbiamo fatto una lunga camminata e siamo giunti al confine quando ormai era buio.” Dal 7 ottobre, dopo aver lasciato le loro case e aver trovato rifugio nella chiesa, le loro vite sono cambiate totalmente. Preghiamo affinché Dio protegga tutte le persone che sono ancora a Gaza e che insistono nel non voler partire dalla loro terra.

Preghiamo:

14 Egli mantiene la pace entro i tuoi confini, ti sazia con frumento scelto. 15 Egli manda i suoi ordini sulla terra, la sua parola corre velocissima. (Salmo 147,14-15)

Abbi pietà, o Signore. La pace è a portata di mano, come la porta dove è disponibile il grano per gli affamati. Ma dov’è? Dov’è la pace quando non possiamo attraversare il confine? Dov’è il grano che nutrirà i bambini? In quali mani l’hai messo? Oh Signore, ci sono persone che invece di dare il pane stanno dando la morte. Non hanno tenuto al sicuro i tuoi figli. Per favore, o Signore, non lasciare la storia nelle mani di chi è interiormente morto e vuole che gli altri siano morti. Per favore salva la tua creazione, i tuoi figli, dal male degli altri tuoi figli. Abbi pietà, o Signore.

 

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Giorno 2: per i feriti e i disabili

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 2: per i feriti e i disabili

I dati sui feriti e i disabili non sono chiari a causa della continuazione delle ostilità che non permettono un’adeguata assistenza e registrazione dei casi di feriti e disabili. Secondo l’OMS dal 7 ottobre alla fine di aprile 2024 a Gaza ci sono stati oltre 78.000 feriti. Inoltre, secondo Save the Children, si assiste ad un drammatico deterioramento della salute psicologica e mentale dei bambini di Gaza. Secondo una valutazione dell’UNOCHA 5.000 persone con disabilità, acquisita a causa di ferite riportate durante le ostilità a Gaza, soffrono per la mancanza di rifugi accessibili, e la loro condizione è peggiorata a causa dei servizi medici insufficienti e la trascuratezza dei loro bisogni. La maggior parte dei rifugi non è adeguatamente attrezzata per loro. I rifugi non dispongono dei materassi e dei letti medici necessari, causando ulcere e altri problemi che non possono essere trattati in condizioni non sterilizzate. Le donne e le ragazze rappresentano circa il 45% della popolazione con disabilità. Altre persone che sono state ferite rischiano una disabilità a lungo termine a causa della mancanza di forniture per il trattamento di ferite o fratture minori. Le persone già precedentemente con disabilità vivono sapendo che potranno essere le prime e le prossime a essere uccise a causa delle limitate possibilità di fuga o di partecipazione alle evacuazioni a causa della loro disabilità. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ha citato il caso di Y. M., avvocato di un’organizzazione non governativa, che aveva una disabilità visiva che gli impediva di fuggire dalla sua casa, che si trovava in un’area sottoposta ad attacchi e bombardamenti.  È stato ucciso in casa il 7 dicembre 2023, lasciando quattro figli di due, tre, otto e dieci anni. Il Comitato, esprimendo rammarico per il fatto che i sostenitori dei diritti dei disabili, come Y.M. siano tra le persone ferite, traumatizzate e uccise, ha riferito che Y.M. “Non ha ricevuto informazioni sull’evacuazione in modo tempestivo o accessibile, né lui o i suoi parenti hanno beneficiato di passaggi accessibili, né di sistemazioni e rifugi specifici dove avrebbe potuto trovare le misure di sicurezza e sfuggire all’attacco aereo”. I bambini con disabilità sono a maggior rischio di separazione familiare e la loro sofferenza è insopportabile, ha avvertito il Comitato.

Preghiamo:

3 Il Signore guarisce chi ha il cuore spezzato e fascia le loro piaghe. 6 Il Signore sostiene gli umili, ma abbassa gli empi fino a terra. (Salmo 147,3.6)

Abbi misericordia, Signore, e guarisci chi a Gaza e in Israele ha il cuore spezzato e terribili ferite nel corpo. In mezzo del male provocato proteggi i deboli, i feriti, chi è rimasto senza casa e senza sostentamento. Guida chi cerca la pace, fa che la loro sensibilità contagi le masse che adesso sembra vogliano la guerra; purifica i cuori dal desiderio di vendetta e la pulsione di morte. Signore Iddio, noi tuoi figli e tue figlie abbiamo fede in Te: nessuno può salvare chi è travolto dall’orrore della guerra, se non Tu, l’unico Dio, l’unico padre, il più amorevole.
Dio, ti preghiamo, salva l’umanità dal peccato.
Signore, abbi pietà. Amen!

 

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Giorno 1: per le vittime

Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024

Giorno 1: per le vittime

Il bilancio totale delle vittime di Israele è di 1.410 morti, di cui, 1.139 sono stati uccisi negli attacchi del 7 ottobre 2023, inoltre, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (d’ora in poi UNOCHA), sempre il 7 ottobre sono state ferite almeno altre 1.271 persone.

Come pubblicato sempre dall’UNOCHA, almeno 40.000 palestinesi sono stati uccisi in 10 mesi, di cui almeno 10.627 bambini, (663 di età inferiore a un anno). Secondo l’OMS, dal 7 ottobre alla fine di aprile 2024, ci sono stati oltre ai 40.000 morti, anche 78.000 feriti a Gaza e ogni giorno la guerra miete ulteriori vittime civili. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che, fino ad oggi, il 25% delle persone uccise a Gaza siano stati uomini in età lavorativa. Inoltre, Israele non dichiara il numero di palestinesi che arresta e chiude in campi di detenzione in condizioni subumane, luoghi dove vige la tortura, e dove le persone vivono senza diritti legali e senza un giusto processo. Come cristiani, siamo chiamati/e a incarnare i principi di giustizia, pace e sicurezza in tutti i loro aspetti: quelli economici e in quelli sociali. La nostra fede ci obbliga a rispondere alle grida di sofferenza e a lavorare per una pace e una giustizia durature. La crisi attuale ci ricorda la nostra responsabilità di difendere coloro che sono in difficoltà e di usare la nostra voce collettiva per chiedere la fine della violenza e l’instaurazione di una pace duratura. Anche in tempi di oscurità e di disperazione, la nostra fede ci chiama a mantenere la speranza, anche quando vediamo le ingiustizie nel mondo, a fornire accompagnamento alle vittime e a rinnovare gli sforzi per una pace giusta per tutti e tutte.

Preghiamo:

3 Non confidate nei prìncipi, né in alcun figlio d’uomo, che non può salvare. 4 Il suo fiato se ne va, ed egli ritorna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi progetti. 7 Il Signore rende giustizia agli oppressi, dà il cibo agli affamati. Il Signore libera i prigionieri (Salmo 146,3-4.7)

Abbi misericordia, Signore. Su di te abbiamo fatto affidamento. Non su coloro che il mondo definisce vincenti, non sugli esseri umani. Essi non possono offrire la salvezza, sono loro che portano la guerra. La nostra unica fiducia è in te, Signore nostro. Fai giustizia agli oppressi, dai il pane agli affamati, allenta le catene dei prigionieri. Vieni, Signore, presto, a Gaza, a Rafah, e a tutte le persone che vivono in Terrasanta. C’è chi si è dimenticato di Te e si è perso lungo la strada della morte. Ti preghiamo, salvali Signore. Amen.

 

Per ascoltare la lettura dei materiali con interviste e commenti: RBE – Voce delle chiese

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Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele: preghiera e impegno

Raccogliendo l’invito del Consiglio Ecumenico delle Chiese, fatto proprio anche dal Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, anche la nostra comunità aderisce con convinzione alla Settimana mondiale per la pace in Palestina e Israele 2024, in cui le chiese, le comunità di fede e le organizzazioni della società civile di tutto il mondo si uniranno nella preghiera per una pace giusta per tutti e tutte in Palestina e Israele.

Lo facciamo perché siamo consapevoli di vivere in un tempo in cui la tentazione di lasciarci trascinare nelle polarizzazioni e nelle divisioni che questo tema delicato e complesso porta con sé, e nel quale allora la preghiera comune diventa ancora più importante, perché significa credere nella possibilità del cambiamento, nel fatto che Dio possa fare la differenza, nella possibilità del ravvedimento e della conversione.

 

Preghiera, dunque, ma al tempo stesso anche informazione, approfondimento e riflessione, perché crediamo che tutte queste cose debbano sempre andare insieme. Come lo faremo? In quattro modi diversi:

 

L’approfondimento e la preghiera quotidiana. Pubblicheremo sul nostro sito web e sulla nostra pagina Facebook i materiali per l’approfondimento e la preghiera proposti per ogni giorno della Settimana dal Consiglio Ecumenico delle Chiese. Sarà anche possibile ascoltarne la lettura, con interviste e commenti, all’interno del programma “Voce delle chiese” di RBE – Radio Beckwith Evangelica.

Il confronto con la storia e le radici del conflitto. Abbiamo chiesto a Paolo Naso (politologo, esperto di religione e politica, docente di Scienza politica alla Sapienza, Università di Roma e presso altri istituti universitari) di guidarci in una serata di approfondimento sulla Guerra dei cento anni. Mercoledì 18 settembre, ore 20.45, tempio valdese di Torre Pellice.

Il culto comunitario. Il nostro culto di domenica 22 settembre, giornata conclusiva della Settimana, sarà dedicato alla preghiera e alla riflessione biblica comunitaria sul tema della pace in Palestina e Israele.

L’impegno concreto. Abbiamo aderito e stiamo già raccogliendo i contributi alla sottoscrizione “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace lanciata dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia in collaborazione con il Centro Studi Confronti, per contribuire all’invio di aiuti umanitari per Gaza, e per attivare progetti di dialogo per la convivenza e la pace tra israeliani e palestinesi.

Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace

Il Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), in collaborazione con la Rivista e Centro Studi Confronti, ha deciso di lanciare una sottoscrizione per gli aiuti umanitari per Gaza e attivare progetti di dialogo per la convivenza e la pace tra israeliani e palestinesi, con il motto “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”.
Il progetto si basa su esperienze consolidate come “Semi di Pace” e “Fiori di Pace”, mirate alla riconciliazione tra comunità in conflitto, portata avanti da Confronti e coinvolge, oltre a istituzioni evangeliche, esponenti di associazioni musulmane, ebraiche ed ecumeniche da anni impegnate anche il loco, a promuovere il dialogo tra le parti in conflitto.

La FCEI «lancia un appello alle chiese, alle associazioni ecumeniche e interreligiose, e a tutte e tutti gli individui desiderosi di sostenere progetti di dialogo “dal basso”, alle fondazioni e alla società civile italiana, affinché contribuiscano a questo progetto sulla base della parola d’ordine che ci siamo dati: “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”.
L’iniziativa nasce dalla volontà di dare una risposta all’impotenza che tanti e tante abbiamo di fronte a questa tragedia: in primo luogo con una sottoscrizione in favore di chi sta continuando a fornire assistenza fra difficoltà inenarrabili, in secondo luogo favorendo tutte le possibili occasioni di riflessione.

Per coordinare le attività legate al progetto è stato istituito un gruppo di lavoro presieduto da Debora Spini, gruppo che include rappresentanti di comunità evangeliche, musulmane, ebraiche ed ecumeniche impegnate a promuovere il dialogo e la convivenza pacifica.
“Vogliamo sostenere queste realtà, contribuendo a riavviare il loro lavoro e perseguendo un duplice scopo: aiutare l’opinione pubblica italiana a comprendere la complessità della situazione e offrire a questi attivisti un luogo sicuro di incontro – ha dichiarato Spini nell’intervista di lancio dell’iniziativa – . Siamo per il realismo della ragione, del dialogo e delle soluzioni politiche. Occorre guardare avanti, costruendo la pace anche quando sembra lontana”.

La FCEI rivolge l’appello a costruire un’ampia convergenza di individui, comunità, associazioni, gruppi, opere, disponibili ad “attraversare il conflitto” nella linea della “equivicinanza” ai due popoli, richiamandosi al documento della Commissione Studi Dialogo Integrazione della stessa federazione. In quest’ottica “cercheremo di sostenere le donne e gli uomini che, dall’una e dall’altra parte, si impegnano per una pace vera, che abbatta i muri dell’antisemitismo, dell’islamofobia e di ogni altra espressione dell’odio e del razzismo”.

Puoi versare il tuo contributo straordinario sia direttamente tramite l’IBAN alla FCEI, sia appoggiandoti al Concistoro della Chiesa valdese di Torre Pellice (in questo secondo caso è possibile beneficiare della defiscalizzazione dell’offerta): in busta chiusa al presbiterio, all’anziano/a del tuo quartiere o ai culti domenicali, oppure sul conto corrente della chiesa (nel riquadro qui sotto). In ogni caso ti raccomandiamo di specificare la finalità della donazione: “Fermiamo l’odio”.

Per donare:
causale “Fermiamo l’odio”

C/C intestato a Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Banca Unicredit – Via Vittorio Emanuele Orlando, 70, 00185 Roma
IBAN : IT26X0200805203000104203419
BIC: Bic/swift: UNCRITM1704

Oppure

C/C Intestato a Concistoro Chiesa Valdese di Torre Pellice
IBAN : IT46 W 02008 31070 000001335311

 

Noi e l’ambiente – Il treno in Val Pellice

Un gruppo di associazioni (elencate in calce) impegnate dal 2012 a sensibilizzare il territorio, in particolare le amministrazioni locali, affinché facciano pressione presso la Regione per ripristinare il tratto della linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice, ha riacceso l’attenzione con una rinnovata operatività su un argomento che trova i cittadini particolarmente sensibili.

Da 12 anni il servizio ferroviario su questa linea è sospeso e, nonostante la cresciuta attenzione per i problemi ambientali e in particolare per l’emergenza climatica, non esiste alcun progetto di intervento mentre l’infrastruttura ferroviaria viene lasciata degradare.

È uno spreco di risorse pubbliche, soprattutto ora che sembra essersi risvegliato l’interesse della Regione per le linee sospese nel 2012, con la riattivazione di alcune di esse.

La Torre Pellice – Pinerolo, però, è stata finora dimenticata nonostante sia inserita nel contratto del Servizio Ferroviario Metropolitano ed elettrificata, quindi ad impatto ambientale quasi nullo, e con un contributo rilevante per la riduzione dell’inquinamento e del traffico sulla SP 161.

La riattivazione della ferrovia non comporterebbe impegni finanziari per la Regione, meno che mai per le amministrazioni locali poiché questi sarebbero a carico di RFI (Rete Ferroviaria Italiana).

Ovviamente è necessario attivare un servizio ferroviario migliore di quello sospeso nel 2012, che eviti l’alternanza di bus e treni, affidabile, puntuale, efficiente, veloce, con un’offerta di orari adeguata, con coincidenze garantite a Pinerolo con i treni da e per Torino e con i servizi su gomma verso le località lontane dai binari.

I collegamenti dovrebbero essere garantiti anche nei giorni festivi a favore dei turisti e di quanti si spostano per lavoro anche in quei giorni.

Le associazioni ritengono che la mobilitazione delle chiese valdesi locali e della Diaconia Valdese potrebbe avere peso e rilevanza dal punto di vista politico, ancor di più se esse volessero unirsi alle associazioni anche semplicemente come supporto nell’organizzazione di momenti divulgativi per promuovere una concreta e precisa informazione che sensibilizzi l’opinione pubblica.

 

Associazioni: Comitato Trenovivo Valpellice, Circolo Legambiente Pinerolo, Circolo Legambiente di Barge, Osservatorio 0121 Salviamo il Paesaggio, Circolo Legambiente Val Pellice, Coordinamento Mobilità Integrata e Sostenibile, Associazione di promozione turistica InValpellice, Salvaiciclisti pinerolese, Gruppo “Associazione Rita Atria – Pinerolo”, Associazione Ferrovie Piemontesi green TO

Progetto Interculturalità

Una bella serata di dialogo e di fraternità al di là delle culture, delle provenienze e delle fedi; una cena marocchina cucinata insieme, aperta a tutt* per sostenere le iniziative della nostra diaconia.

Un percorso iniziato all’indomani della pandemia quando, per tornare a vivere una socialità attiva, abbiamo ritenuto importante creare occasioni e spazi d’incontro tra componenti diversi della popolazione che l’isolamento aveva ulteriormente penalizzato.

Abbiamo quindi iniziato a organizzare pomeriggi di gioco e merenda per fare in contrare anche quei bambini e quelle bambine che normalmente non si sarebbero incontrati.

È stato l’inizio di una bella amicizia anche fra gli adulti e sono nate tante iniziative: gli incontri per cucire insieme, la scuola di italiano e, da ultimo, il corso di cucina culminato nella convivialità della cena del 28 giugno.

La coreografica e accurata esposizione dei vari piatti è stato l’esito conclusivo della preparazione – durata due giorni – di un menù arricchito continuamente (per riguardo agli ospiti!), secondo le intenzioni e le direttive di Saadia che, con instancabile attivismo ha cucinato e coordinato la “sua squadra” e le volontarie del corso.

Queste, non ancora padrone dell’efficiente e creativa gestualità delle donne marocchine, hanno contribuito con entusiasmo alle preparazioni di base, ai riordini e al servizio a tavola, in un clima di solidarietà, empatia e allegria.

Assemblea del I Circuito 17/05/2024

In data 17/05/2024 si è svolta l’Assemblea del I Circuito della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi.

Dagli atti dell’Assemblea si riporta un estratto dei punti più significativi approvati durante l’incontro.

  • L’Assemblea approva la seguente dichiarazione:
    Seguiamo con sempre crescente apprensione gli eventi nella Striscia di Gaza, che vede una situazione contrassegnata da ritorsioni e violenze ingiustificate contro una popolazione stremata, e da violazioni sistematiche dei diritti umani, ed esprimiamo la nostra preoccupazione e il nostro profondo dolore. Non dimentichiamo l’orrore della strage, dei rapimenti, degli stupri di civili inermi compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023; ma riteniamo inaccettabile, e dunque condanniamo fermamente, il massacro della popolazione civile nella Striscia di Gaza, messo in atto sistematicamente da mesi dall’esercito israeliano. E’ intollerabile che tale massacro venga presentato come un inevitabile e per questo accettabile effetto collaterale delle azioni necessarie a garantire la propria sicurezza nazionale, e ciò con disprezzo del diritto internazionale e dei più elementari principi di umanità. Auspichiamo e preghiamo che il governo di Israele desista immediatamente da tutte le azioni ostili che sono definite “punizioni collettive” dal diritto internazionale, tra cui gli attacchi militari contro obiettivi civili e l’assedio che impedisce l’accesso a cibo, medicine e carburante alla popolazione palestinese di Gaza. Auspichiamo e preghiamo altresì che il Governo italiano si adoperi con ogni mezzo al fine di pervenire nel più breve tempo possibile ad un cessate il fuoco che apra una prospettiva di pace duratura. Con la stessa apprensione guardiamo alla guerra in Ucraina, con la minaccia di una escalation globale del conflitto, e alle tante guerre dimenticate e ignorate dai mezzi di informazione. Esse sono il segno che la guerra continua ad essere uno strumento di regolazione dei conflitti, mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta. Ha ripreso corpo l’idea che l’ordine mondiale debba essere basato sullo scontro tra blocchi e non sulla collaborazione e la giustizia tra i popoli. Le Nazioni Unite sono umiliate e il diritto internazionale sostituito dalla forza della potenza militare, preludio della guerra globale. Pur riconoscendo la complessità di queste situazioni e la fragilità e marginalità delle nostre chiese in tale quadro, riteniamo che questo non giustifichi mai il silenzio, perché la storia ci insegna che l’orrore e l’ingiustizia si rafforzano con il silenzio di chi invece avrebbe potuto parlare. E dunque invitiamo tutte le istanze che compongono il corpo della Chiesa a esprimere il nostro No alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, senza fuggire il confronto, la riflessione consapevole e la mobilitazione su questi temi, e a rinnovare il nostro impegno di costruttrici e costruttori di pace, nella preghiera, nella denuncia, nell’azione.
  • L’Assemblea evidenzia la necessità che la Tavola valdese, laddove ne venga ravvisata la possibilità, l’opportunità e l’urgenza, sia posta nella condizione di poter rilasciare comunicati ufficiali su questioni di rilevanza pubblica nazionale o internazionale che interrogano il corpo della Chiesa. Invita il Sinodo a dotarsi degli strumenti più adeguati a tal fine, nel rispetto dell’ecclesiologia e degli ordinamenti propri della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi.

Ritrovarsi a cena per costruire l’inclusione

Una bella serata di dialogo e di fraternità al di là delle culture, delle provenienze e delle fedi; una cena marocchina cucinata insieme, aperta a tutt* per sostenere le iniziative della nostra diaconia.

Un percorso iniziato all’indomani della pandemia, che ci aveva rinchiuso ancora di più nelle nostre bolle: ci è sembrato importante creare intenzionalmente occasioni e spazi per incontrarci, pezzi diversi di popolazione, pezzetti di tessuto sociale diversi che la pandemia aveva allontanato ancora di più gli uni deglli altri.

E quindi abbiamo iniziato a organizzare dei pomeriggi di gioco e merenda per fare incontrare anche quei bambini e quelle bambine che normalmente non si incontrerebbero. 

Ed è stato l’inizio di una bella amicizia anche fra gli adulti, e sono così nate tante belle iniziative: gli incontri per cucire insieme, la scuola di italiano, e da ultimo il corso di cucina. Un modo, anche, per offrire oltre che ricevere, ed essere tutti e tutte protagoniste della costruzione di una società più bella, più ricca, più coesa.

A volte questo passa anche attraverso le piccole cose. Soprattutto quando sono fatte insieme.